Creare e non solo insegnare: perché con i bambini non si può essere accademici

Simona, l’insegnante che fa lezione al nano e al suo amichetto, è molto brava. Non solo ama la lingua inglese e sembra molto a suo agio con i bambini così piccoli, ma riesce a costruire dei giochini e degli strumenti utili usando cose semplici e materiali di risulta.

I bastoncini dei lecca lecca, i rotoli di cartone che avvolgono la carta da cucina, scatolini e coperchi, insomma un gran numero di oggetti che ai miei occhi sono soltanto imballaggi, potenzialmente riciclabili nei cassonetti della carta o della plastica, nelle sue mani diventano altro.
E così dalla scatola dei giochi escono un bonghetto (drum) e le bacchette per suonare – un kit coloratissimo e funzionale realizzato in cartone ricoperto di carta crespa colorata –  realistici animaletti plastificati stile comics, delle bacchette magiche con fatina inclusa e fogli plastificati che raffigurano animali e oggetti che il nano adora attaccare (stick) sulle pareti.

House, mouse; whale, snail…i disegni vengono affiancati per assonanza e il nanetto ormai ha preso  l’abitudine di voler attaccare alla parete qualsiasi cosa. Intanto io sono in fase osservativa nei confronti di qualsiasi materiale di risulta o di scarto: prima di gettarlo via lo guardo attentamente e mi chiedo “potrei costruirci qualcosa?” La mia vena creativa e le mie abilità manuali non sono all’altezza di quelle di Simona ma si fa quel che si può…

Anche durante l’ultima lezione il nano era solo (il clima pazzerello di queste settimane ha messo a  dura prova i nostri piccolini) ma l’ora è praticamente volata: musica, balli, attacca e stacca, e poi gioca con i peluche e con le costruzioni di legno. Il nano le adora e allora le contiamo: one, two, three fino al ten.

Intanto ieri mentre disegnavo per lui la sua immagine preferita, l’arcobaleno, gli ho detto distrattamente: Rainbow e lui ha fatto “einbo“. Ecco la sua prima parolina in inglese.

Immagini tratte da Flickr.com